Un borghese piccolo piccolo




Mario Monicelli è stato uno di quei registi che hanno contribuito a far conoscere al mondo la commedia all'italiana. Grazie a quest' uomo abbiamo goduto nelle sue opere di uno humor spontaneo e brillante, caratterizzato spesso da venature neorealiste che mostravano la società italiana. Nella vita personale, Monicelli era dichiaratamente ateo e comunista, e questo a differenza di altri, non ha in alcun modo delineato fermamente la sua comicità. Anzi, egli riusciva intelligentemente a comunicare per mezzo dell'immagine quello che voleva in misura imparziale e diretta. Il successo ampiamente meritato è il risultato proprio di questa sua caratteristica comunicabilità condita dal suo umorismo originalissimo. Film come L'armata Brancaleone, I soliti ignoti e Amici miei hanno segnato per sempre la storia del cinema. Ma nel 1977, in piena maturità artistica, qualcosa cambia. Monicelli, ispirato da un romanzo di poco conto, si presenta al pubblico con un film del tutto imprevedibile. Uno stile diverso, irriconoscibile rispetto ad altre sue opere, un dramma puro con qualche venatura da commedia nera. Un borghese piccolo piccolo rappresenta il declino storico della commedia all'italiana, ma anche l'inizio di un modo nuovo di cogliere la realtà sociale: individuo,, politica, lavoro. Uno sguardo a quello spaccato d'Italia durante gli anni di piombo per raccontare una storia comunissima: quella di un semplice impiegato d'ufficio che vive per aiutare il figlio a costruirsi la carriera. 






La scelta di puntare sul grande Albertone per interpretare il ruolo di Giovanni Vivaldi è a dir poco esemplare. Questo film è la prova pienamente convincente, che anche il comico romano può definirsi completo in qualità d'attore, riuscendo a manifestare caratteristiche da tragedia anche con quel suo inconfondibile sarcasmo. Per comprenderne il personaggio, Monicelli ci fornisce un grosso indizio nella primissima sequenza del film. Con la scena d'apertura (lui che uccide con freddezza il luccio appena pescato) si assiste fin da subito al comportamento cinico che ha Giovanni. Ed è una chiave importante, perchè ci fa capire qual'era (ed è tutt'ora) l'atteggiamento comune verso il prossimo nella società. Per Monicelli questa scena è stata la metafora ideale per mostrarci come la vita può essere facilmente beffata da false moralità. Questo è il senso su cui viene costruita tutta la struttura del film. Ma poco importa all'Italia, che fa della propria cultura una mescolanza di corruzione e capitalismo. Chiunque come Giovanni, sarebbe disposto a tutto per un futuro sicuro da dare al figlio. Qualcuno sarebbe disposto persino ad entrare nella massoneria pur di far consolidare la sua carriera! E se nella prima parte del film tutto è colorato da note brillanti, basta un inconveniente per ribaltare velocemente la situazione. Non cercate di fare i moralisti, in Un borghese piccolo piccolo non vi sarà permesso. E Monicelli ha ragione: la società è una strana giungla dove capita di tutto! Se poi qualcuno dovesse subire un'ingiustizia si deve rassegnare, nessuna autorità potrà vendicarvi. E questo è possibile. Tutto si inverte, ed anche l'uomo più buono del mondo potrebbe essere sopraffatto dalla disperazione. La natura dell'uomo è convulsa si sa. Un film intenso, semplice e sincero che punta al cuore della gente.







Scena memorabile: l'iniziazione alla loggia massonica!

2 commenti:

  1. Breve ma intensa recensione! Non ho parole per questo film di Monicelli che ha la più feroce e improvvisa "inversione di genere" di tutti i tempi. Straordinaria prova di Alberto Sordi.

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  2. Si punta al cuore della gente...ma fa male da quanto è diretto! Proprio senza mezze misure :)

    Bel blog! E belli tutti quanti i film che stai recensendo
    Apu

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