La passione di Giovanna d'Arco




Era la fine degli anni venti quando al regista danese Carl Theodor Dreyer venne l'idea di trasporre cinematograficamente la condanna al rogo della Pulzella d'Orleans, spinto da un forte impulso personale e dalle vicissitudini scritte negli atti del processo. Finanaziato dalla Société Général des Films dai quali ebbe il consenso di girare un film storico per promuovere il cinema francese negli anni in cui l'espressionismo di matrice tedesca stava dominando nelle sale, Dreyer spiazzò completamente le aspettative creando un'opera all'avanguardia e di impronta fortemente impressionista. Le percezioni legate all'immagine sono la chiave per convogliare tutti i sensi su quest'opera volutamente girata in tre atti: il processo, la tortura ed il rogo. Il film fu stroncato dalla critica, tanto che dopo poco tempo la pellicola originale fu bruciata a causa di un curioso incendio (il destino del rogo) e se ne persero le tracce fino al 1980, quando una copia identica fu ritrovata all'interno di un istituto di igiene mentale norvegese (chissà perchè proprio lì...).






La potenza fotografica di quest'opera è struggente, grazie ai costanti primi piani e alle musiche composte appositamente da Richard Einhorn si ha l'impressione di vivere sul corpo lo strazio doloroso che Giovanna è costretta a subire. Uno strazio persistente ma che è necessario a dimostrare la forza della fede che la anima fino alla fine. Non solo Dreyer è riuscito a rendere percepibili le sensazioni provate dalla protagonista, ma è anche riuscito a far parlare un film muto, mettendo a nudo la realtà in forma archetipa dell'estasi mistica. Sembra impensabile reggere il confronto con tale supplizio, ma emerge dalla magistrale interpretazione di Renee Falconetti una luce costante che la illumina e che solo lei vede, il suo volto carico di pathos ricorda quello della Santa Teresa scolpita dal Bernini. Il ritmo lento che accompagna la macchina da presa costantemente puntata sulla mimica facciale, sulle microespressioni, ammutolisce lo spettatore e lo mette di fronte ai propri (pre)sentimenti. Recentemente è stato definito a giusta ragione l'ultimo capolavoro del film muto, un modello sperimentale di grande ispirazione per i registi a venire. Le parole avrebbero soltanto sminuito la forma con cui è stato concepito. Meraviglia pura.






Scena memorabile : Il suo sguardo sulle note di Voice of light... 

2 commenti:

  1. Un capolavoro ritrovato!
    Interessanti le sfumature che ha colto.

    Mario

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  2. Si ha perfettamente ragione, una pietra miliare del cinema come alta forma espressiva.

    I valori umani regalati all'umanità... menomale che ci sono i manicomi altrimenti lo avremmo perso.

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